Nel suffisso “ing” di branding si nasconde il segreto di una marca sempre sana e potente.
Chi si occupa di gestire una marca sa che l’accudimento deve essere sensibile, capillare e quotidiano. Oggi i punti di contatto con il consumatore si sono moltiplicati, ognuno di noi può incontrare un brand camminando per strada, entrando in negozi sempre più “parchi a tema” della marca, usando una app, facendosi consigliare dagli amici, o lasciandosi condizionare dal grado di reputazione digitale. E poi in tv, nei film, in un videogioco…Anche il tempo si moltiplica nell’accelerazione e così gli stili di consumo e le culture sociali: ecco perché fare branding è un esercizio di cura e attenzione quotidiana, che richiede tempestività e profondità allo stesso tempo, in ogni scelta.
Tra i tanti temi, uno è particolarmente importante: il rapporto indissolubile che lega – ttraverso la marca – il desiderio al successo di business, introducendo il concetto della “rivoluzione sensata” come prospettiva di rinnovamento dei mercati.
Mercati saturi, noia veloce, impongono a chi fa branding la capacità di mantenere la marca sempre “desiderabile”. Le tecniche usate sono diverse: l’assenza, la limitazione, l’esclusività. Ma soprattutto la capacità di cogliere davvero i moti dell’animo dei consumatori per aprirsi uno spazio unico nel mercato, cambiando il corso di una categoria con un’idea di marca allo stesso tempo unica e rilevante.
Appunto, una rivoluzione sensata, in grado di creare quella “tensione verso” di platonica memoria che ci spinge tutti a muoverci nell’era della post-crescita e consumare tra grandi icone senza tempo e velocissimi gadget.
Silvia Barbieri è a capo del Dipartimento Strategico di Futurebrand Milano e autrice del volume “Dialoghi sulla filosofica quotidianità del Brand” (Edizioni Postmedia data).