L'Opinione

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Massimo Maggiore, 10/06/2020

È nata una nuova area giuridica: il “Diritto del Covid”


L’emergenza Covid-19 che ha colpito l’Italia alla fine di febbraio di quest’anno ha prodotto in tutti gli ambiti socio-economici effetti di dirompenza tale che, per ritrovarne di comparabili, bisogna risalire ai tempi del secondo conflitto mondiale. Naturalmente il settore legale non ne è andato esente. Al contrario, si è assistito ad una iperproduzione di norme a carattere emergenziale, volte a disciplinare anche aspetti minuti della vita quotidiana di ciascuno (i famosi Dpcm del presidente del Consiglio) fino a porre limitazioni mai sperimentate prima al diritto costituzionale alla libera circolazione di ciascuno.

Il quadro normativo complessivo ha per molti versi cambiato fisionomia, anche per via dei ponderosi decreti legge (in primis il decreto liquidità e il più recente decreto rilancio) che, se pur pensati in un’ottica prettamente di sostegno ad una economia infartuata, hanno tuttavia introdotto diverse norme e principi sostanziali e fortemente innovativi. Alcuni esempi a questo proposito, significativi in un’ottica imprenditoriale, riguardano le modalità di prestazione del lavoro cosiddetto agile (o smart working) per le quali la relazione tra regola (il lavoro in sede) ed eccezione (il lavoro in remoto da casa) si è in buona sostanza invertito, facendo venir meno molte delle strettoie giuslavoristiche che limitavano il ricorso al lavoro agile. Inutile dire che, almeno per le mansioni che un tempo si dicevano “di concetto”, questa liberalizzazione forzata delle modalità di lavoro può aver prodotto un repentino cambio culturale, la cui portata probabilmente si apprezzerà meglio nei mesi e anni a venire.

Questo esempio è di per sé indice di quella portata innovativa della legislazione emergenziale che ha portato taluni a individuare, nel corpo normativo, che ne è derivato una sorta di nuova area giuridica a se stante, denominata “diritto del Covid”. Altri esempi che, a questo proposito, sono di interesse per le imprese attengono alle regole in materia di privacy dei dipendenti, con la legittimazione di trattamenti via via più invasivi rispetto alla sfera personale rispetto alle cautele ordinariamente applicabili in materia di dati sensibili, quali quelli attinenti alla salute delle persone; sono state quindi anche introdotte deroghe al diritto societario, al fine di abilitare la tenuta di assemblee dei soci in remoto, anche al di là delle specifiche previsioni statutarie, nonché sospensioni all’efficacia esecutiva dei titoli di credito e alla possibilità di levare protesti. Questa pur breve disamina del “diritto del Covid” non può d’altro canto scordare la sospensione dell’attività giudiziaria, che inevitabilmente determinerà una ulteriore diluzione dei già lunghi tempi della giustizia per i cittadini e le imprese: con la ripresa dell’attività giudiziaria ordinaria, infatti, l’arretrato accumulato nei mesi di sospensione pandemica potrebbe produrre un effetto ingorgo. Ciò però potrebbe innescare, almeno negli auspici, una accelerazione sul fronte della riforma, in primis organizzativa, del sistema giudiziario, la cui nota inefficienza è uno dei freni riconosciuti all’incremento della produttività nel nostro Paese.

La tensione normativa indotta dall’emergenza si è d’altro canto scaricata anche sul fronte degli equilibri contrattuali. Chi si occupa di diritto, prima d’ora si sarà occupato per lo più sporadicamente di istituti giuridici come “l’eccessiva onerosità” o “l’impossibilità” della prestazione contrattuale (quest’ultima altrimenti nota come “forza maggiore”) che, se sopravvenute rispetto al momento della conclusione del contratto, potrebbero legittimare la risoluzione del contratto o la sospensione della prestazione. Orbene, il Covid ha richiesto alle imprese e ai loro consulenti di rispolverare questi istituti, in relazioni a questioni quali il diritto dell’affittuario di un immobile adibito ad attività commerciale o produttiva a pretendere la riduzione o la sospensione del canone per il tempo di inattività forzata, ovvero di obblighi di carattere finanziario, come ad esempio il rimborso di un mutuo. La risposta a queste questioni non è né univoca, né semplice. Si pensi tuttavia che taluni interpreti hanno già ipotizzato di ricorrere, in casi simili, persino alla suprema delle leggi, ossia la nostra Costituzione e, in particolare, al principio di solidarietà del suo Articolo 2, onde evitare che il costo dell’emergenza gravi sulle spalle di uno solo dei due contraenti.

In definitiva, il Covid ha messo alla prova il sistema normativo e impone oggi più che mai l’assunzione di atteggiamenti ispirati all’equità e al pragmatismo, affinché non si rimanga prigionieri del paradosso della legge che già i nostri progenitori latini avevano fissato nella frase summum ius summa iniuria.

 

Massimo Maggiore, avvocato dello studio legale Maschietto, Maggiore, Besseghini

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