“Iniziate a nuotare o affonderete come pietre perché i tempi stanno cambiando”. Parto dai versi di una vecchia canzone di Bob Dylan, un inno di molti anni fa che raccontava la necessità di cambiare per un mondo più giusto e più uguale per tutti. “Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare”. Questa invece è una frase di Winston Churchill che cito spesso perché mi sembra adatta al momento che stiamo vivendo, un momento che sta cercando un nuovo equilibrio.
Perché parlare di noi, significa prima di tutto parlare del mondo che cambia.
Mi spiego: il rapporto tra produzione e distribuzione è sempre stata una gran bella storia da raccontare. Ma l’obbligo della sostenibilità ci obbliga a prendere atto che la transizione che stiamo vivendo, caratterizzata dalla crisi sanitaria, sociale ed economica che la pandemia ha imposto al nostro modo di vivere, ha bisogno di una trasformazione radicale del nostro modo di agire sul mercato.
Bisogna cambiare quindi. Ma come? Analizziamo tre percentuali.
Anche noi, insieme, con la rivoluzione del packaging di prodotto e l’educazione allo smaltimento dichiarato in etichetta abbiamo contribuito e stiamo contribuendo in maniera decisiva a questo risultato. Queste tre percentuali definiscono e fotografano il nuovo rapporto che deve esistere e coesistere tra produzione, distribuzione e consumo. Impongono di ripensare la nostra responsabilità sociale d’impresa all’insegna di una nuova economia della relazione. Al centro del nostro sistema il tema della verità, nel definire il rapporto tra domanda e offerta, tra produzione e consumo, tra fiducia e comunicazione. Le marche e le insegne oggi raccontano i loro prodotti, i loro servizi, la loro mission utilizzando elementi identitari come sostenibilità, qualità, trasparenza, territorio, coesione. I bilanci di sostenibilità che ormai non a caso chiamiamo bilanci di comunità, sono il nuovo orizzonte del marketing identitario.
La sostenibilità e il raggiungimento dei suoi obiettivi è un valore certificato, autentico, verificabile. Questo paradigma di verità cresciuto nel tempo non solo è “utile”, ma è “necessario” perché offre la possibilità di scegliere prodotti per un consumo sempre più consapevole e rispettoso dell’ambiente e del nostro benessere. Se rompi questo equilibrio, sei fuori gioco. Se oggi 7,6 miliardi di persone stanno esaurendo le risorse prodotte da 1,7 pianeti come il nostro e si calcola che nel 2050, 9.8 miliardi di persone consumeranno 3 pianeti come la terra, allora non abbiamo più scuse e dobbiamo subito contribuire insieme a costruire un nuovo paradigma di sviluppo capace di fare i conti con quello che abbiamo.
Ma non lo possiamo fare da soli, isolati, chiusi nel recinto delle nostre abitudini. Dobbiamo unire le forze. Ci aiutano i consumatori che sempre più fanno scelte di sostenibilità e le vogliono trovare al giusto prezzo nei nostri punti di vendita e conoscere attraverso la comunicazione dei prodotti.
Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Fao), ogni anno viene sprecato circa un terzo del cibo prodotto nel mondo per consumo umano, pari a circa 1,3 miliardi di tonnellate. Lo spreco trasformato in opportunità riguarda non solo il cibo ma tutto il sistema di relazione tra produzione e consumo; l’energia, il suolo, la progettazione, la costruzione, i materiali, la logistica, i rifiuti, lo smaltimento, l’innovazione, il benessere dell’uomo e degli animali.
Sempre di più i punti di vendita devono diventare hub della sostenibilità, centrali antispreco, nodi indispensabili nella costruzione e comunicazione della catena del valore di un prodotto e della sua filiera, fiduciari nei confronti dei consumatori sempre più consapevoli che vogliono far parte del cambiamento con tutte le loro scelte di consumo.
Ecco perché parlare di noi significa parlare del mondo che cambia.
L’autore è Giorgio Santambrogio, Amministratore Delegato del Gruppo VéGé