Le industrie alimentari e non food aderenti a Centromarca rappresentano un importante generatore di valore condiviso per la filiera grocery del largo consumo e per il Paese. Generano benefici per fornitori e partner commerciali, prodotto interno lordo, occupazione, gettito fiscale. Attraverso investimenti e scelte strategiche mirate esprimono un ruolo di crescente rilevanza a presidio della sostenibilità ambientale e sociale. Aspetti concreti di questo impegno, da cui derivano crescita economica, benessere delle famiglie e qualità dello sviluppo, sono documentati dalle indagini redatte da Althesys Strategic Consultants e Università Roma Tre presentate oggi in diretta streaming dalla sede dell’associazione.
«I prodotti di marca riempiono ogni giorno la vita di milioni di persone, che ne apprezzano valori percepibili come qualità, innovazione, prestazione e accessibilità», sottolinea Marco Travaglia, vice presidente Centromarca e presidente e amministratore delegato del gruppo Nestlé in Italia. «Ma il cittadino chiede alle marche qualcosa di più: vuole conoscere i valori che le animano, il valore che generano per il mercato e la collettività, l’impegno per la sostenibilità ambientale e sociale. Gli studi che abbiamo presentato documentano l’ampia portata e la concretezza dell’attività delle nostre industrie su questi fronti».
La generazione di valore condiviso
Secondo le evidenze dello studio redatto per Centromarca da Althesys Strategic Consultants il valore condiviso prodotto in Italia dalle industrie di marca lungo la filiera è di 73,1 miliardi di euro, pari al 4% del Pil 2019. È un ammontare equivalente al 120% circa dell’intera produzione italiana di agricoltura, silvicoltura e pesca e a un terzo dei fondi del Recovery fund. Rispetto al totale, 12,5 miliardi di euro sono generati con il ricorso a fornitori italiani, 16,2 miliardi nella fase di produzione delle industrie di marca, 1,3 miliardi con la logistica e 43,1 miliardi con i diversi canali distributivi (di cui 10,3 con la moderna distribuzione). È parte del valore condiviso anche la contribuzione fiscale: 30,2 miliardi di euro, pari al 6,4% delle entrate fiscali italiane del 2019. Secondo le stime di Althesys, ogni addetto dell’industria di marca genera 7 occupati nella filiera e 10 nell’intera nazione.
Il comparto alimentare genera 28 miliardi di euro di valore condiviso (38,3% del totale), 11,7 miliardi di contribuzione fiscale e oltre 290mila posti di lavoro. Si distingue per l’alto valore creato nelle fasi a monte della filiera, cioè per i fornitori, evidenziando lo stretto rapporto tra l’industria di marca e le filiere agricola e zootecnica. Il 49% del valore generato nella fase di distribuzione e vendita è per la moderna distribuzione, dove passano i maggiori volumi. L’industria rimane, tuttavia, la principale creatrice di valore condiviso se comparata ai singoli canali distributivi.
Le bevande creano 34 miliardi di euro di valore condiviso, 14 miliardi di contribuzione fiscale e oltre 359mila posti di lavoro. Il comparto crea un cospicuo valore per la distribuzione‐vendita, in particolare nell’Horeca (canali di consumo fuori casa) dove si concentra il 57% della ricchezza generata nella filiera.
I prodotti chimici per la cura della persona e della casa creano 11,1 miliardi di euro di valore condiviso, 4,5 miliardi di contribuzione fiscale e oltre 103mila posti di lavoro.
«L’industria di marca italiana è un motore di sviluppo per l’intero sistema economico, che crea ricchezza e benessere ben oltre i confini delle imprese», sottolinea Alessandro Marangoni, amministratore delegato di Althesys Strategic Consultants. «Il nostro studio mostra, numeri alla mano, come il valore condiviso generato dalle imprese aderenti a Centromarca pervada l’intera filiera. La capacità della marca di creare valore condiviso è un elemento concreto per la resilienza e il rilancio dell’Italia».
L’impegno per la sostenibilità ambientale e sociale
Secondo le evidenze dell’indagine redatta dal dipartimento di Economia aziendale dell’Università Roma Tre (redatta nel 2020 sulla base di dati pubblici) il 74% delle industrie aderenti a Centromarca dà conto pubblicamente, attraverso Internet, della sua attività nel campo della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Il 57% di queste aziende diffonde un bilancio di sostenibilità: è una percentuale rilevante se si considera che in Italia lo fa solo il 19% delle imprese (dato Istat, basato su dichiarazioni). Il 65% delle industrie che rendicontano dichiara i suoi impegni futuri, indicando obiettivi quantitativi misurabili.
Sul fronte ambientale il 72% delle industrie di marca, che documentano pubblicamente la loro attività, ha realizzato azioni per l’approvvigionamento responsabile delle materie prime; il 69% per il contenimento dei consumi energetici e/o il ricorso a fonti rinnovabili; il 56% per l’utilizzo responsabile della risorsa idrica; il 55% per la riduzione di sprechi/rifiuti; il 50% per la riduzione/riciclo degli imballaggi. In area economico aziendale il 42% delle industrie di marca ha al suo attivo iniziative di formazione/aggiornamento del personale; il 43% per le quote rosa; il 42% per la prevenzione infortuni; il 37% per incrementare l’occupazione. In area sociale il 61% delle industrie di marca destina risorse economiche alla comunità e ai territori.
Nel 2020, secondo stime elaborate da Centromarca, circa 53 milioni di euro sono stati destinati dalle industrie associate a donazioni economiche, acquisto di attrezzature medico-scientifiche, forniture gratuite di materiali ad alto consumo per sostenere ospedali, enti ed istituti di ricerca impegnati nell’assistenza ai malati e nelle attività di studio per contrastare Covid-19.
L’attività delle industrie di marca che rendicontano si focalizza attualmente su dieci dei diciassette Sdgs (obiettivi di sviluppo sostenibile) individuati dalle Nazioni Unite: energia pulita e conveniente (55% delle aziende impegnate); consumo e produzione responsabile (48%); salute e benessere (46%); climate change (44%); tutela della risorsa idrica (43%); qualità del lavoro e crescita economica (43%); lotta alla fame (35%); parità dei sessi (35%); vita sulla terra (35%); partnership per il raggiungimento di obiettivi sostenibili (33%).
«Tutte le industrie di marca sono consapevoli del fatto che la competitività è legata all’impegno non solo sui versanti economico e della governance, ma anche sui fronti ambientale e sociale», rileva Carlo Alberto Pratesi, professore di marketing, innovazione e sostenibilità all’Università Roma Tre.
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