Nonostante l’emergenza sanitaria nel 2020 l’industria di marca ha mantenuto i suoi investimenti per la sostenibilità ambientale, sociale ed economica. «E quest’anno li rafforzerà, confermando il suo ruolo trainante nella filiera del largo consumo e nell’economia del Paese», sottolinea Francesco Mutti, presidente di Centromarca.
L’associazione chiede al governo di non sottostimare, in sede di definizione, le risorse destinate ai settori dell’economia impegnati nello sviluppo sostenibile, in particolare su quelli del largo consumo che orientano i loro interventi su fattori come la riduzione delle emissioni, il riciclo dei materiali, l’uso consapevole delle risorse primarie. «La sostenibilità è la sfida fondamentale del Recovery Plan e la corretta finalizzazione delle risorse farà la differenza», evidenzia Mutti. «Non dimentichiamo che in gioco ci sono il rilancio dell’economia e della domanda almeno sul medio termine e la competitività sui mercati internazionali».
Le credenziali con cui Centromarca apre il dialogo con l’esecutivo sono eloquenti. Secondo un’indagine dell’Università Roma Tre il 75% delle aziende dà conto pubblicamente, attraverso Internet, della sua attività nel campo della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Di queste il 57% diffonde un bilancio di sostenibilità: una percentuale rilevante se si considera che in Italia lo fa solo il 19% delle imprese (dato Istat) e che ben il 65% delle industrie di marca che redicontano dichiara i suoi impegni futuri, indicando obiettivi quantitativi misurabili.
Sul fronte ambientale il 72% ha realizzato azioni per l’approvvigionamento responsabile delle materie prime; il 69% per il contenimento dei consumi energetici e/o il ricorso a fonti rinnovabili; il 56% per l’utilizzo responsabile della risorsa idrica; il 55% per il contenimento di sprechi/rifiuti; il 50% per la riduzione/riciclo degli imballaggi. In area economico-aziendale il 42% ha iniziative di formazione e aggiornamento continuo destinate al personale; il 43% per le quote rosa; il 42% per la prevenzione degli infortuni; il 37% per l’occupazione. Il 61% destina risorse economiche alle comunità e ai territori.
L’attività delle industrie che rendicontano si focalizza su dieci dei diciassette Sdgs (Sustainable Development Goals) individuati dalle Nazioni Unite: energia pulita e conveniente (55% delle aziende impegnate); consumo e produzione responsabile (48%); salute e benessere (46%); climate change (44%); tutela della risorsa idrica (43%); qualità del lavoro e crescita economica (43%); lotta alla fame (35%), parità dei sessi (35%), vita sulla terra (35%); partnership per il raggiungimento di obiettivi sostenibili (33%). Su diversi fronti il campione esprime valori superiori alla media nazionale Istat (calcolata su dichiarazioni non verificate), ma i dati sono sottostimati se si considera che ancor oggi numerose aziende, per policy, scelgono di non comunicare attività e risultati raggiunti.
Nel 2020, secondo stime elaborate da Centromarca, almeno 53 milioni di euro sono stati destinati dalle 190 industrie associate a donazioni economiche, acquisto di attrezzature medico-scientifiche, forniture gratuite di materiali ad alto consumo per sostenere ospedali, enti ed istituti di ricerca impegnati nell’assistenza ai malati e nelle attività di studio per contrastare la diffusion di Covid-19.
Il presidente Mutti evidenzia anche il ruolo fondamentale delle industrie aderenti a Centromarca nella creazione di valore condiviso per il Paese: “Nel 2019, secondo un’indagine redatta da Althesys, è stato di 73 miliardi di euro, pari al 4% del prodotto interno lordo nazionale”. Il dato si ottiene sommando i 16,2 miliardi di valore prodotto dalle aziende a quello generato su fornitori (12,2 miliardi), logistica (1,3 miliardi) e distribuzione/vendita (43,1 miliardi). Rilevante anche il contributo alla fiscalità: oltre 30 miliardi di euro, pari al 6,5% del totale delle entrate registrato nel 2019. Nel dettaglio si parla di 16 miliardi di Iva, 12 tra imposte e contributi sociali, 2,7 di imposte sul reddito delle società.