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Leonardo D'Urso , 04/10/2019

Più crescita e occupazione se la giustizia è rapida


Una giustizia civile più efficiente vale circa 18 miliardi l’anno e un aumento dell’occupazione del 3 per cento. Nell’attesa di una riforma strutturale si potrebbe far tesoro di due progetti pilota basati sull’adesione volontaria a modelli di mediazione.

La giustizia lenta danneggia l’economia
Nelle Considerazioni finali alla Relazione annuale del 2011, l’allora governatore della Banca d’Italia Mario Draghi sosteneva: “Va affrontato alla radice il problema di efficienza della giustizia civile: la durata stimata dei processi ordinari in primo grado supera i 1.000 giorni e colloca l’Italia al 157esimo posto su 183 paesi nelle graduatorie stilate dalla Banca Mondiale”; e continuava: “nostre stime indicano che la perdita annua di prodotto attribuibile ai difetti della nostra giustizia civile potrebbe giungere a un punto percentuale”, pari oggi a circa 18 miliardi.

Dal 2011 la situazione non è cambiata di molto. Nel 2019, gli esperti della Banca Mondiale stimano che in Italia occorrono ancora 1.120 giorni per recuperare un credito commerciale collocando il nostro paese al 111esimo posto su 190 (il miglioramento nella classifica generale rispetto al 2011 è dovuto principalmente a un cambiamento dei criteri di calcolo). Mentre la Spagna registra 510 giorni e la Germania 499. Con diversi criteri di calcolo, gli esperti della Commissione europea per l’efficienza della giustizia (Cepej) del Consiglio d’Europa calcolano in 514 giorni la durata di un processo civile di primo grado in Italia contro i 282 giorni in Spagna e i 196 giorni in Germania. Con un po’ di approssimazione, i nostri processi durano, di media, circa il doppio rispetto a paesi simili al nostro.

Tutti gli ultimi governi hanno commesso l’errore di non considerare la gravissima inefficienza della giustizia civile come un’emergenza nazionale che ha forti ripercussioni negative sull’economia. Un’emergenza che non si può risolvere con interventi meramente di carattere giuridico-processualistico. Nelle commissioni che si sono occupate di riforme del settore, quasi mai sono stati presenti economisti e rappresentanti delle imprese. Una vasta letteratura economica ha invece ampiamente provato gli effetti dei sistemi giuridici sulle politiche d’impresa.

Un esempio su tutti. Nel 2015, nel distretto di Napoli le iscrizioni presso i giudici di pace delle cause di “risarcimento danni da circolazione” rappresentavano il 44 per cento di tutte le iscrizioni nazionali (61.023 su un totale nazionale di 136.474) contro l’8 per cento del distretto di Roma (12.024) e il 2 per cento di quello di Milano (3.372 iscrizioni). È evidente che il mancato contrasto al fenomeno che si concentra nella zona di Napoli ha una ripercussione negativa sui premi assicurativi delle polizze Rc-auto in tutta Italia (e in primo luogo sui napoletani).

Banche e investitori sono restii a prestare denaro a imprese che non sono tutelate da un sistema giudiziario efficiente. Per esempio, Vincenzo Pezone, un economista italiano del Research Center Safe della Goethe University, ha pubblicato un importante lavoro scientifico in cui stima che una riduzione di solo il 10 per cento della durata dei processi civili in Italia potrebbe spingere le imprese ad aumentare la forza lavoro dal 2,9 al 3,6 per cento. Pezone inoltre stima che un quarto del gap della disoccupazione tra Nord e Sud deriva dall’inefficienza della giustizia civile nelle due aree del paese.

Due esperienze pilota
Grazie alla mia esperienza quotidiana di esperto del Cepej a Strasburgo e di risoluzione extragiudiziale di controversie civili, vorrei indicare alcune semplici soluzioni, basate sui risultati di due “progetti pilota”, che potrebbero essere facilmente inserite nella prossima legge di bilancio.

Da cinque anni, l’Italia sperimenta in un circoscritto ambito del contenzioso civile, pari al solo 10 per cento del totale, un modello ibrido di mediazione. Le parti assistite dai loro legali possono scegliere volontariamente di iniziare un percorso di mediazione dopo la partecipazione obbligatoria a un primo incontro di mediazione (al costo di 40 euro) entro 30 giorni dal deposito dell’istanza. In queste materie, le iscrizioni nei tribunali sono diminuite in media del 35 per cento. A seguito del primo incontro, in cui i litiganti e i loro avvocati si incontrano in campo neutro al di fuori dei tribunali, le parti trovano volontariamente un accordo in quasi il 50 per cento dei casi con l’aiuto di un mediatore terzo neutrale. Nel 2018, oltre 20 mila accordi stragiudiziali sono stati raggiunti grazie alla mediazione. Di contro, l’esperimento della negoziazione assistita nel settore civile e dell’arbitrato nel corso del processo hanno avuto risultati insignificanti. Una prima soluzione è quindi quella di ampliare gradualmente il ricorso al primo incontro di mediazione ad almeno la metà del contenzioso civile: controversie derivanti da contratti e obbligazioni varie (circa 91 mila cause all’anno), da responsabilità extra-contrattuale (circa 38 mila cause) e le poche migliaia di competenza dei tribunali delle imprese. In questo ambito l’Italia sta facendo scuola in Europa. Il Cepej del Consiglio d’Europa ha adottato nella sua ultima riunione a Strasburgo il 13 e 14 giugno scorso l’European Handbook for Development of National Legislation on Mediation insieme alle Guidelines on designing and monitoring mediators training schemes. Entrambi i documenti riprendono il successo dell’esperienza pilota adottata in Italia.

Il secondo intervento mira invece a deflazionare l’enorme contenzioso civile pendente estendendo in tutti i tribunali d’Italia la sperimentazione del progetto “Giustizia semplice 4.0” attuato con successo per oltre un anno nel tribunale di Firenze e che qualche settimana fa ha vinto il premio al Forum della pubblica amministrazione nella categoria “Giustizia, trasparenza, partenariati”. Il progetto prevede l’affiancamento ai giudici del tribunale di Firenze di borsisti universitari (dotati di specifiche competente in ambito di mediazione). I borsisti forniscono al giudice tutti gli elementi necessari per un’adeguata valutazione della negoziabilità e mediabilità della lite e una proposta di provvedimento di mediazione. Anche qui, nel 55 per cento dei casi, le parti in lite hanno trovato volontariamente un accordo stragiudiziale.

L’estensione dei due progetti pilota, sperimentati con successo negli ultimi anni, contribuirebbe significativamente all’efficienza della giustizia civile e di conseguenza alla crescita dell’economia italiana.

Leonardo D’Urso
(tratto dal sito www.lavoce.info)

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