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Social media e Covid-19: da Blogmeter approfondimenti per le industrie associate


Chi avesse svolto una ricerca semantica sui social media durante la Fase1 dell’emergenza, lavorando su parole chiave come Covid-19 o Coronavirus, si sarebbe imbattuto anche in dialoghi strettamente legati ai canali di acquisto o all’utilizzo dei prodotti di consumo, in cucina o nella cura dell’igiene della persona e della casa. Inevitabilmente – i social media sono abilitatori digitali di rapporti sociali – il lockdown ha prodotto interazioni più frequenti, ampie e intense tra le persone inerenti anche la scelta di un libro, l’ascolto di nuovi brani musicali, la selezione di un film… E ovviamente i siti più convenienti per fare la spesa in modo veloce e conveniente.

«Il mondo social ha lavorato a pieno regime», ha sottolineato Alberto Stracuzzi, direttore ricerche di Blogmeter, durante il webinar promosso a metà maggio da Centromarca per le Industrie Associate. «Abbiamo registrato fenomeni nuovi degni di interesse. Gli influencer, per esempio, da ambasciatori di un prodotto sono diventati sostenitori di iniziative no profit, impegnandosi in raccolte fondi per gli ospedali, la protezione civile e altri enti in prima fila nella gestione dell’emergenza». In sostanza hanno perso la loro specificità: da persone (notoriamente) pagate per promuovere un servizio o un prodotto si sono trasformati in attori sociali. Ne consegue una loro immagine più rafforzata e credibile.

Un altro fenomeno collegato a Covid-19 rilevato da Blogmeter è il progressivo indebolirsi dell’efficacia della comunicazione top-down attraverso i social. «Chi sta sui social deve essere social», ha ribadito Stracuzzi. «Quindi dovrebbe puntare all’ascolto e alla condivisione riducendo l’autoreferenzialità. Un esempio? Meglio parlare dell’uso di una certa categoria di prodotti che del proprio prodotto. Ne deriverà maggiore credibilità pubblica del brand».

Numerose le lamentele postate inerenti disservizi nella consegna a domicilio da parte di retailer fisici e digitali. «Chiaramente un crollo dell’efficienza è stato inevitabile in un contesto emergenziale come quello affrontato», rileva Stracuzzi. «Ma evidentemente ci sono state lacune da parte dei retailer nello spiegare le prestazioni deludenti a clienti che hanno Amazon come punto di riferimento per qualità del servizio a prescindere dalla merceologia acquistata».

Quale agenda di lavoro ricavare per le Industrie di Marca? Tre le indicazioni emerse nel corso del webinar. La prima: lavorare sull’esperienza con il prodotto e non solo sul prodotto. La seconda: prestare attenzione alla modalità con cui si presidiano le piattaforme social. Ci sono esigenze di frequenza, tipo di linguaggio, tono per avere una presenza efficace. La terza: durante la crisi è emersa per l’ennesima volta l’importanza di operare sui social media attingendo da una cultura di tipo editoriale, che sappia creare (anche sulla base del business plan aziendale e delle iniziative per lo sviluppo sostenibile) elementi di attrazione, stimolare dialoghi, intercettare tendenze. In sostanza quel che serve per costruire e sedimentare un solido perimetro reputazionale sull’azienda e sui Brand, di fondamentale utilità per affrontare una crisi determinata da un’oggettiva criticità (per esempio una non conformità di prodotto) o dalla diffusione di fake news.

 

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