L'Opinione

Centromarca - associazione italiana dell'industria di marca

Mario Gasbarrino, 24/03/2016

"Bezos suona la sveglia alla Gdo italiana"


Per il ceo di Unes, l’ingresso di Amazon nel grocery impone alla moderna distribuzione di reagire con un’ intelligente integrazione dell’online e dell’offline
Proponiamo l’intervista pubblicata sul numero 1-2/2016 di Link Ibc, periodico ufficiale dell’Associazione Industrie dei Beni di Consumo.
Tutti i numeri sono disponibili per il download su www.ibconline.it
Quali effetti avrà Amazon sulla Gdo italiana?
«Sul breve termine i retailer cercheranno di difendersi mettendo in portafoglio un servizio di tipo digitale. Un po’ come è successo negli Anni Novanta con l’avvento del discount, quando tutti i distributori hanno aperto punti di vendita per presidiare il nuovo formato, credendo così di risolvere il problema…
Ma la questione è un’altra: Amazon è la punta di un iceberg, l’emblema di un cambiamento più importante di scenario che non possiamo più permetterci di sottovalutare. Ci siamo: il retail, ma direi anche l’industria, devono fare i conti con l’escalation di internet, del mobile, con l’esigenza di soddisfare la domanda prodotta dai millennials che non trovano molto appetibile fare la spesa grocery. Ci sono forme di consumo più allettanti. Prendiamo atto del fatto che in prospettiva una fetta rilevante delle merci che erano commercializzate dai supermercati e dagli ipermercati diventerà appannaggio dei marketplace. Per molta gente andare il sabato in una grande superfi cie a comprare l’acqua minerale o la carta igienica è ormai un’esperienza faticosa e priva di senso se può ricevere tutto a casa a buon prezzo».

Come si costruisce la risposta competitiva della distribuzione offline ai marketplace?
«Attraverso il presidio di due fattori determinanti. Da una parte Amazon ci dice che le cose si possono fare in modo più facile. L’integrazione intelligente dell’online con l’offline è quindi una delle risposte su cui lavorare. Dobbiamo sfruttare la tecnologia per eliminare tutte le attività banali che rendono lunga e noiosa la spesa del cliente. Con l’integrazione online una parte della spesa potrebbe essere preordinata dal consumatore prima della visita al punto di vendita. Una volta al supermercato il cliente potrebbe così dedicarsi alla parte più creativa degli acquisti e dopo il check out ritirare anche la spesa di routine ordinata in precedenza».

Per rendere creativa la spesa, però, la Gdo deve lavorare sodo sugli assortimenti, renderli distintivi, dare più servizio…
«Diciamo la verità: in questi anni la distribuzione, nel suo insieme, ha fatto anche qualche disastro… Ha tagliato personale, ridotto il livello di servizio al cliente, tolto la vendita assistita per sostituirla con il self service. Ora deve tornare a reinvestire sulle persone. Sa qual è la mia utopia? Noi abbiamo bisogno di personale gentile e preparato, ma credo anche… felice del lavoro che fa e capace di trasmettere questo stato d’animo al consumatore. Chi è contento trasmette felicità. Quello del commerciante è un mestiere di relazione, di attenzione, di piccoli particolari che fanno la differenza. È inutile fare un bel punto di vendita se questo non accade».

Chissà come la pensa Aldi. Il discounter tedesco, di cui sembra imminente lo sbarco in Italia. Anche il suo ingresso dovrebbe contribuire a dinamizzare la nostra Gdo, non trova?
«Aldi contribuirà a fare pulizia nel settore del discount, che comunque, lo dico per inciso, è molto più selezionato a razionale del resto della nostra Gdo. So che Aldi ha una componente forte di prodotti di marca e quindi alimenterà ulteriormente l’ibridazione in atto tra supermercato e discount che è in atto da qualche tempo. Le distinzioni per formato oggi sono fuorvianti…».

In che senso?
Gasbarrino sorride. «Sono state inventate per mettere un marchio d’infamia al discount quando è arrivato in Italia. Forse così pensavamo tutti di arrestare il suo sviluppo. Come vede ci siamo riusciti benissimo…».

Il despecializzato fa i conti con i category killer.
«Io vedo un bel futuro per i category killer e un pessimo futuro per la distribuzione tradizionale. I grandi category hanno ammazzato l’ipermercato perché non aveva senso mettere sotto lo stesso tetto merceologie così diverse tra loro. I mini category killer attivi nel bio, nella cura della casa e della persona, nel petfood – tra i quali inserisco anche i discount che considero category killer del grocery – stanno contribuendo ulteriormente alla disintegrazione del despecializzato».

Da come la mette, per la Gdo è arrivato il tempo delle scelte.
«Per la Gdo e per l’industria. Ed era ora. Noi dobbiamo arrivare a costruire assortimenti differenziati per distinguerci dagli altri. Non possiamo pemetterci di continuare come prima. Dobbiamo dare appetibilità alla nostra offerta grocery che nel tempo è stata svilita. Amazon lavorerà sicuramente sul prezzo, dando un’ulteriore spinta in questa direzione. E noi dobbiamo reagire».

Come?
«Ho due risposte: una utopica e una realista. Quale vuole per prima?».

Faccia lei…
«Partiamo dall’utopia: dovremmo avere il coraggio di cambiare le modalità di relazione da ambo le parti. La negoziazione com’è fatta oggi non va bene, non è più sostenibile, specialmente quando sul campo ci sono concorrenti, per esempio i discount, che certi vincoli, certi vizi, non li hanno. Serve un sistema più trasparente e orientato al risultato. Oggi disperdiamo risorse e tempo su cose di cui al cliente non importa assolutamente nulla. Nei giorni scorsi un mio buyer ha ricevuto ben quattro persone inviate da un fornitore. Le pare possibile uno spreco di questa portata?».

Ma il Gasbarrino realista cosa pensa?
«Fa spesso autocritica. Quando guardo gli scaffali del mio supermercato in maniera statica, li vedo uguali a quelli delle altre catene distributive. La differenza di U2 è nella modalità di fare la spesa nell’aver eliminato le promozioni, nell’aver ridotto le marche, ma lo stile è quello degli Anni Sessanta. Eppure oggi siamo nell’era dei marketplace e dell’economia 2.0. Il terreno su cui lavorare è la distintività dell’offerta. E qui dobbiamo rimboccarci tutti le maniche».

In questo contesto hanno senso le supercentrali?
«In questo sistema di relazioni sì. Soprattutto nei rapporti con le multinazionali. Però attenzione: la competitività e il futuro di un’azienda distributiva non dipendono dalle condizioni d’acquisto. Conta quel che si sa fare in vendita!».

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